Quella egizia è stata una delle civiltà più avanzate nella scrittura, nella medicina e nei culti. E un popolo così moderno non poteva che amare gli animali: non è un caso se gli dèi egizi hanno sempre avuto la caratteristica di essere ibridi, metà uomini e metà animali, manifestando così assoluta perfezione. Abbiamo Thot (uomo/ibis), Anubi (uomo/sciacallo), Horus (uomo/falco) e Sekhmet (donna/leone), solo per citarne alcuni.
Ed è proprio dalla dea donna-leone, divinità della guerra e dell’energia vitale dirompente, che proviene la donna-gatto Bastet, una forma divina solare, un compendio di forza e agilità, protettrice della famiglia e della casa. Governata inizialmente dal Sole, subì l’influenza simbolica della Luna sono successivamente, quando ebbe la massima diffusione nella XII dinastia (950 a.C.) fino al Nuovo Regno. Il suo potere di trasmettere fecondità era tale da esser nella norma dipingere una gatta sotto la sedia preferita della padrona di casa, per iniettare l’impulso sessuale della generazione proprio sotto i genitali. Si dice che il famoso e inequivocabile trucco degli occhi egizio, sia stato ispirato proprio dalla forma del viso dei felini.

Anche il gatto maschio vantava una sua personalissima gloria: secondo le Litanie del Sole egizie era una delle settantasette forme di Ra, il dio supremo, privo di una sua precisa forma in quanto rappresentava il Sole, l’astro luminoso assoluto in relazione al quale prolifica la vita sulla Terra. Settantasette pare un numero elevato, ma non è casuale, è il numero sacro della completezza che riassumeva vita, anima e spirito del mondo. E, tra le varie forme, scegliere proprio quella di un gatto non era certamente cosa da poco. È un po’ come se dovessimo selezionare i settantasette migliori aspetti del mondo e il gatto ne rappresentasse uno. Nel mito egizio, Ra, nella sua eterna lotta del bene contro il male, affronta Apophis, un mostruoso serpente che vuole bloccare il corso del Sole, portare il mondo al buio assoluto e ripristinare il caos primordiale. Per combatterlo al meglio, il dio supremo, come un gran robottone giapponese, muta nella forma più congeniale e tra le sue settantasette seleziona proprio quella di un micio, l’animale che sa affrontare i rettili velenosi del deserto nel miglior modo possibile. E soprattutto in quello vincente, perché i gatti vincono sempre!